La MappAesthetica

Passeggiata fenomenologica e situazionista in collaborazione con il caso

Premesse teoriche

Il progetto affonda le radici nella concezione di estetica mutuata dalla filosofia fenomenologica e nelle pratiche maturate dalla Teoria della deriva, definita da Guy Debord in ambito situazionista[1], teorie e pratiche da me liberamente rielaborate intrecciandole alla poetica del caso per declinarle in una esperienza di arte sociale.

La fenomenologia vuole l’estetica non come categoria del bello, identificazione che è stata fonte di secolari fraintendimenti, ma come esperienza sensoriale, come modalità di conoscenza attraverso i sensi, secondo la formulazione originaria di A.G. Baumgarten, il filosofo che per la prima volta introdusse l’equivocato termine di Aesthetica[2].

In un capitolo dedicato a “le ragioni dell’estetica”, Dallari e Francucci, ben delineano la contrapposizione tra due modi di conoscenza, troppo a lungo contrapposti e rivali: “Baumgarten distingueva nell’uomo due modi di conoscere: da un lato quello estetico, concepito appunto come “Scientia cognitionis sensitivae”, dall’altro l’approccio logico ed intellettuale alle cose, la conoscenza razionale. Conoscenza razionale che sarà più tardi chiamata scientifica, pretendendo così implicitamente di togliere alla Scientia (cioè, conoscenza) la possibilità di funzionare e di determinarsi anche attraverso la via delle emozioni e delle intuizioni – la via, per l’appunto, estetica”.[3]

Dal canto mio, non voglio assolutamente rafforzare sterili contrapposizioni né rinsaldare la logica oppositiva: se in questo caso, inizialmente almeno, prediligo l’approccio estetico-sensoriale è solo perché lo considero fondante dell’esperienza umana e quindi quello da cui partire…ad ogni ripartenza.

La Teoria della Deriva, elaborata nel 1956 nella Parigi che preludeva alle contestazioni del Sessantotto, con tutto il suo portato di sconvolgimenti sociali, politici e culturali, affonda le radici nella critica marxista, e vede nella riappropriazione del tempo libero e dello spazio ludico la possibilità di una liberazione dal controllo asfissiante del consumismo capitalistico. L’imperativo per i situazionisti diventa quindi la riappropriazione di un tempo non utilitaristico e non monetizzabile, quello del gioco, e per farlo progetta azioni estetiche e costruzione di Situazioni, cioè di avventure. Sulla scorta dell’idea surrealista di formalizzare la percezione dello spazio cittadino sotto forma di Mappe Influenzali, i situazionisti metteranno a punto una singolare cartografia legata alle percezioni soggettive, le metagrafie influenzali e le guide psicogeografiche, guide più per perdersi che per trovarsi, utili però ad una nuova forma di conoscenza.

La mappa è una importantissima risorsa per l’essere umano e come tutte le astrazioni può aiutarci a sintetizzare la complessità ma è necessario ricordarci, sulla scorta questa volta dell’affermazione di Gregory Bateson, che “la mappa non è il territorio”[4] e che essa, per quanto accurata è pur sempre rappresentazione e convenzione. Inoltre, essendo il cervello a costruire le “immagini” che noi crediamo di percepire, non può esistere una esperienza realmente oggettiva. Proveremo quindi a misurare lo scarto tra i due livelli di lettura e scrittura dell’ambiente: quello soggettivo e fenomenologico, nei termini suindicati, e quello oggettivo di una mappa scaricata da una applicazione di localizzazione GPS. La misurazione non mira però a stabilire un primato tra i due livelli ma al contrario a favorire la valorizzazione dell’integrazione tra le due modalità di conoscenza, quella concreta, sensoriale ed emozionale e quella astratta, intellettuale e razionale.

Il progetto in un laboratorio che integra l’arte per il benessere

Nel progetto di laboratorio che presento l’obiettivo è quello di rinnovare il rapporto con l’Ambiente attraverso pratiche estetiche e l’utilizzo di tecniche aleatorie.

Un ambiente inteso non astrattamente ma come paesaggio esistenziale, spazio-tempo, popolato da altri corpi e altri desideri.   Paesaggio dunque, oggettivo e oggettivo, contenente relazioni con le cose, le persone e anche la relazione con i vuoti tra le cose e le persone. Il focus dunque, è sulla relazione nel senso più ampio, cioè su ciò che ha il grande potenziale di rigenerazione e risanamento.

Il luogo o i percorsi che ci sono abituali, sui quali troppo spesso ci muoviamo meccanicamente e distratta-mente, possono diventare spazi di avventura e di rinnovata conoscenza, se ci dotiamo di uno sguardo insolito, a partire dallo strumento di esperienza per eccellenza: quell’asse verticale che è il nostro corpo, eretto da millenni sul suolo orizzontale.

Ripartiamo dunque da qui e portiamoci con il corpo, nell’Ambiente, urbano o naturale che sia.

Facciamo dei passi.

Tenteremo, con grande delicatezza, di deporre piccole porzioni dell’assetto difensivo con cui ci relazioniamo all’esterno, e di apprendere delle tecniche affinché esso, man mano, cessi di essere lo spazio dell’evitamento e torni ad essere spazio di incontro, con noi stessi e l’altro: cosa, persona, animale, spazio pieno o vuoto che sia.

Per fare largo allo sguardo insolito cui accennavo, ci avvarremo di alcuni espedienti aleatori* che contribuiranno ad un vivifico spaesamento, grazie al quale cercheremo di rompere abitudini stereotipate e routine.  

Dopo un percorso-esperienza condotto a piccoli gruppi, anche noi, come già i situazionisti, proveremo a costruire delle mappe, percettive, soggettive, emozionali. Mappe che sappiano registrare le influenze dell’ambiente su di noi e le nostre sull’ambiente.

Infine, misureremo lo scarto tra le mappe realizzate e quelle oggettive appositamente scaricate da una applicazione di localizzazione GPS.

Concluderemo con una condivisione collettiva dell’esperienza e dei lavori realizzati.

*Esempi di esercizi: Disegnare o fotografare gli spazi vuoti o negativi / Registrare i rumori ambientali/ Seguire persone a caso / Seguire un odore / seguire un cane/ seguire un colore/ prendere un autobus a caso per qualche fermata/ Scegliere le direzioni con il lancio di una moneta/ camminare cercando di individuare in quali punti avviene un cambio di stato d’animo/ Comporre una poesia con parole lette camminando/ fare un collage o assemblage con cose prelevate o trovate/ Cercare un pretesto per parlare con uno sconosciuto o una sconosciuta/ Provare a percepire cambi di colore nel territorio/ camminare cercando di individuare in quali punti avviene una apertura (punti o aree attraenti) o una chiusura (punti o aree respingenti)/Individuare dove finisce un’area omogenea e ne inizia un’altra/Restare per un lasso di tempo con gli occhi chiusi ad ascoltare solo i suoni/ Osservare o registrare quello che avviene all’interno di una cornicetta contenente un vetro trasparente/ Osservare o registrare quello che accade in un ambiente attraverso uno specchietto portatile/ provare a meditare in mezzo al traffico/ Fare una pausa ogni volta che si vede un bambino/ fare una pausa ogni volta che passa un taxi


[1] Guy Debord, Théorie de la dérive, 1956

[2] Alexander Gottlieb Baumgarten, Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia,1735

[3] Marco Dallari, Cristina Francucci, L’esperienza pedagogica dell’arte, Firenze, La Nuova Italia, 1998, p.10

[4] Gregory Bateson, Mente e Natura, 1979

Nelle foto:

La Passeggiata e la Mappa Aesthetica
del 27 febbraio 2022
Punto di raccolta e dispersione: Piazzale Ostiense, Roma
Partecipanti: Alex, Elena, Francesca, Rossana, Simona

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